giovedì 23 giugno 2016

FITZCARRALDO.

FITZCARRALDO 
Regia di Werner Herzog, 1981

Il 29.06.2016 alle ore 21.30, quinto ed ultimo appuntamento per la Rassegna Cinematografica "Il Grande Cinema", promossa dagli Amici del Cineteatro Adriatico di Vieste.
E’ tratto da una storia vera accaduta tra la fine dell’800 e l’inizio del 900 in Brasile. In piena Amazzonia, un intraprendente europeo di nome Brian Sweeny Fitzgerald (che il popolo ribattezzò Fitzcarraldo per la difficoltà della pronuncia)  tenta diverse imprese industriali. Ma il suo sogno, la sua aspirazione più forte è portare la lirica di Caruso in una sperduta cittadina del Brasile, Iquitos. Storia bellissima, avvincente, vera che può essere “appiccicata” a tutti coloro che impiegano ogni sforzo, ogni momento  della propria esistenza per vedere realizzato il  sogno della vita. E’ così è stato anche per il regista nella lavorazione del film, durata ben quattro anni tra mille difficoltà. Herzog ha  rinunciato a trucchi ed effetti speciali per girare un film vero con scene vere. Perfino la scena madre, l’attraversamento di due fiumi a cavallo di una collina è stata fatta con una nave vera, anzi quattro perché nei vari tentativi si rompevano. Ci sono stati feriti tra i lavoranti e le comparse, abbandono dei portatori locali ma anche da parte di alcuni attori. Anche per Herzog questo film era diventato il sogno della vita e per questo non ha desistito fino al completamento dell’opera, considerata dalla critica  una prima eccezionale. Vincitore della Palma d’Oro a Cannes per la miglior regia, vede una interpretazione eccellente di Klaus Kinski al fianco di una bellissima e bravissima Claudia Cardinale.
 [Franco Ruggieri – 19 maggio 2016 – Vieste]


Werner Herzog è nato a Monaco di Baviera il 5 settembre 1942. E’ considerato tra i maggiori esponenti del Nuovo Cinema Tedesco. Ha pubblicato libri e diretto opere liriche e realizzato oltre 50 film. Il suo stile è tanto inconfondibile quanto inclassificabile. Il padre fu catturato durante la seconda guerra mondiale, lasciando soli lui e la madre. Visse a Sachrang, uno sperduto villaggio di montagna dove non esistevano né cinema né radio. Vide il suo primo film a 11 anni alla scuola del villaggio, non vide automobili fino all’età di 12 anni e fece la sua prima telefonata a 17 anni. Trascorse l’infanzia e la fanciullezza in mezzo alla natura. La svolta avvenne a 12 anni quando si trasferì con la famiglia a Monaco per continuare gli studi. Vivevano in una pensione in cui risiedeva il giovane attore Klaus Kinski. Herzog affermò in seguito che la passione per il cinema risale a quel periodo, grazie alla frequentazione con Kinski. Il sodalizio con il “suo nemico più caro” durò fino alla morte di Kinski con cui girò 5 film. La sua più grande passione: viaggiare a piedi. A 15 anni andò a piedi da Monaco all’Albania. Afferma: “Il turismo è peccato, viaggiare a piedi una virtù”.

martedì 21 giugno 2016

L'Amarcord del garganico Ferruccio Castronuovo.

CINENOTIZIARIO
GLIA AMICI DEL CINEMA ADRIATICO
22.06.2016 ORE 21.30

 
AMARCORD – regia di Federico Fellini, 1973
AMARCORD  in dialetto romagnolo vuol dire   “MI RICORDO” (A  M’ ARCORD ). E’ il regista Fellini che ricorda gli anni della sua fanciullezza (anni ’30) al suo paese Rimini. Con la nostalgia negli occhi rivede le parate fasciste, la scuola (con l’insegnante prosperosa che stuzzica i primi pensieri dei ragazzi), la ragazza “che va con tutti”, la prostituta sentimentale, la visita dell’Emiro dalle cento mogli, il passaggio della Mille Miglia, il paese intero che in mare, sotto la luna, attende il “REX”.

E’ una Rimini di altri tempi che non esiste più, che Fellini “invita” ad identificare con la città natale di ognuno di noi, che nel tempo è cambiata e non esiste più. E’ l’esaltazione di fatti minimi che vengono portati agli onori della cronaca perché al bar tutti ne parlano, è l’esaltazione di uomini minimi che allo stesso tempo vengono riconosciuti personaggi di alto rango perché al bar tutti ne parlano, di donne minime perché sono sulla bocca di tutti. E restano nel ricordo di tutti quelli che hanno vissuto quei tempi. Per Fellini ogni paese ha il suo AMARCORD, con la sua Gradisca, la sua Tabaccaia e il Bab de mi bab. Bisogna solo riscoprirli nella memoria per ricordarli.

Per molti versi questo film è legato a Vieste e al Gargano. Per Ferruccio Castronuovo aiuto regista di Fellini, originario di Vico del Gargano, per Nino Rota autore delle musiche, Direttore al Conservatorio di Bari e più volte a Vieste a Piazzetta Petrone, per Tonino Guerra scrittore, scenografo e amico del cuore di Fellini, innamorato di Vieste in cui per diversi anni ha avuto una casa che da Largo S. Pietro si affacciava sulla Ripa.


Amarcord ha vinto l’Oscar nel 1975 come miglior film straniero ed è inserito nella lista dei 100 film italiani di sempre.  
  (Francesco Lubrano di Giunno – 10 maggio 2016 – Roma)

venerdì 17 giugno 2016

Amarcord di Federico Fellini.

Amarcord di F. Fellini, quarto appuntamento per la Rassegna cinematografica Il Grande Cinema, in programma il 22 giugno alle ore 21.30, presso il Cineteatro Adriatico di Vieste.
AMARCORD in dialetto roo vuol dire “MI RICORDO” (A M’ ARCORD ). E’ il regista Fellini che ricorda gli anni della sua fanciullezza (anni ’30) al suo paese Rimini. Con la nostalgia negli occhi rivede le parate fasciste, la scuola (con l’insegnante prosperosa che stuzzica i primi  pensieri dei ragazzi), la ragazza “che va con tutti”, la prostituta sentimentale, la visita dell’Emiro dalle cento mogli, il passaggio della Mille Miglia, il paese intero che in mare, sotto la luna, attende il “REX”. E’ una Rimini di altri tempi che non esiste più, che Fellini “invita” ad identificare con la città natale di ognuno di noi, che nel tempo è cambiata e non esiste più. E’ l’esaltazione di fatti minimi che vengono portati agli onori della cronaca perché al bar tutti ne parlano, è l’esaltazione di uomini minimi che allo stesso tempo vengono riconosciuti personaggi di alto rango perché al bar tutti ne parlano, di donne minime perché sono sulla bocca di tutti. E restano nel ricordo di tutti quelli che hanno vissuto quei tempi. Per Fellini ogni paese ha il suo  AMARCORD,  con  la sua Gradisca, la sua Tabaccaia e il  Bab de mi bab. Bisogna solo riscoprirli nella memoria per ricordarli. Per molti versi questo film è legato a Vieste e al Gargano. Per Ferruccio Castronuovo aiuto regista di Fellini, originario di Vico del Gargano, per Nino Rota autore delle musiche, Direttore al Conservatorio di Bari e più volte a Vieste a Piazzetta Petrone, per Tonino Guerra scrittore, scenografo e amico del cuore di Fellini, innamorato di Vieste in cui per diversi anni ha avuto una casa che da Largo S. Pietro si affacciava sulla Ripa. Amarcord ha vinto l’Oscar nel 1975 come miglior film straniero ed è inserito nella lista dei 100 film italiani di sempre. [Francesco Lubrano di Giunno – 10 maggio 2016 – Roma]

Federico Fellini è nato a Rimini il 20 gennaio 1920 e deceduto a Roma il 31 ottobre 1993. Non è stato solo regista ma anche sceneggiatore, scrittore e fumettista. Con la scusa di studiare Giurisprudenza (non sosterrà alcun esame) si trasferisce a Roma dove si dedica al giornalismo.  Disegnatore, vignettista e caricaturista, riscuote un buon successo sul Marc’Aurelio, da cui incomincia a ricevere diverse offerte di lavoro. Inizia la collaborazione con Macario e scrive le battute per Aldo Fabrizi. Una stagione favorevole è quella della radio presso l’EIAR dove  inconsapevolmente pone le basi della sua futura carriera cinematografica. Il primo film è “Luci del Varietà” che lo vede co-regista insieme a Lattuada con successo di critica ma non di incassi. Dopo lo Sceicco bianco, il successo vero arriva  con I Vitelloni, con notevole soddisfazione di pubblico anche in Argentina, Francia e Stati Uniti. E’ considerato il maestro del post-realismo italiano, o meglio del realismo magico in seguito definito fantarealismo. Vincitore di cinque premi Oscar, quattro per il miglior film straniero e uno alla carriera nel 1993. In quarant’anni di cinema ci ha lasciato in eredità film memorabili, quali Lo Sceicco bianco, La Voce della luna, La Strada, Le Notti di Cabiria, I Vitelloni, La Dolce vita, 8 e ½ e Amarcord. Tra i  maggiori registi italiani  è  riconosciuto da tutti come l’artefice dell’epoca d’oro  della Dolce Vita di Via Veneto.


Quando correvamo alla luna.

Cari amici,
vi invito alla presentazione di un importante libro sulla Foresta Umbra, o meglio sul Villaggio Umbra dove vivevano molte famiglie di Forestali e Operai e, i loro figli frequentavano la locale Scuola Elementare e Media. Un Mondo Antico che non esiste più ma che nel ricordo di chi l'ha vissuto è ancora vivo.
Personalmente vi dico che Ena Servedio, figlia del Dott. Giacomo Servedio - Amministratore della Foresta Umbra per 15 anni dal 1949 al 1964, ha scritto un libro fondamentale che racconta aspetti mai trattati prima. E' il frutto di una scoperta casuale: in casse abbandonate in cantina ha trovato i diari, i documenti e le fotografie conservate dal padre che rappresentano uno spaccato socio-economico importantissimo. Vi invito quindi a comprare il libro, a leggerlo (almeno sfogliarlo per adesso) e partecipare alla sua presentazione in Marina Piccola, tra la Pescheria e l'Altro Chiosco alle ore 21.00 di lunedì 20 giugno 2016.
Insieme prenderemo qualcosa da bere e parleremo del libro con l'autrice, insomma vogliamo inventare l'Aperitivo Letterario, ossia la versione estiva del Caffè Letterario.
Sono sicuro che vi piacerà e che sarete in tanti, anche perché proietteremo antiche fotografie di come si viveva un tempo in Foresta Umbra.
Mi raccomando ditelo ad amici e conoscenti e non mancate.
Appassionatamente.
Franco Ruggieri

domenica 12 giugno 2016

VACANZE ROMANE, regia di William Wyler, 1953.

VACANZE ROMANE, mercoledì 15 Giugno, ore 21.30, terzo appuntamento per la Rassegna Cinematografica "Il Grande Cinema" al Cineteatro Adriatico.
Ho visto il film “Vacanze Romane” 4 o 5 volte,  e ne rimango incantato ogni volta. Si tratta di una specie di “fiaba” per adulti, uscito nel 1953 subito dopo la rinascita del secondo dopoguerra. Tuttavia la bravura degli attori, e specialmente della deliziosa Audrey Hepburn, lo rende del tutto credibile e godibile, anche in tempi odierni, più evoluti e scettici. Ho visitato Roma per la prima volta nel novembre 1976, durante una settimana di vacanza dal mio programma di studio come studente  Americano di scambio in Germania. Ero rimasto affascinato dalla zona attorno a Piazza Venezia e Via del Corso, dove avevo comperato il mio primo abito completo da adulto.    Le sceneggiature incantevoli di Piazza di Spagna, di via Margutta, dove vive “Joe Bradley”  e dove porta “Anna” a smaltire la presunta “sbornia”, la scena davanti alla Bocca della Verità, dove vado sempre a mettere la mano titubante ogni volta che sono a Roma, sembrano le parti perfette di una fiaba, più che luoghi quotidiani di vita per i cittadini romani.  La trama del film è naif, ma ti avvolge e ti rende complice, anche a tua insaputa. La principessa Anna, di un paese sconosciuto, è in visita ufficiale a Roma per una rappresentanza di dubbia utilità.  Solo la bravura della Hepburn può far apparire il suo desiderio di libertà, da noiosi impegni ufficiali,  sincero ed autentico.  La Hepburn ha vinto un Oscar per questo film, assolutamente meritato e l’America ed il mondo si sono innamorati di lei all’istante. Anch’io fra i tanti.  [Nick Sarad – 19 maggio 2016 – New York]


William Wyler, il regista di Vacanze Romane, è nato il 1° luglio 1902 da famiglia tedesca a Mulhouse, prima che questa ritornasse alla Francia nel 1918, con il nome originario Wilhelm Weiller. Naturalizzato americano è deceduto a Los Angeles il 27 luglio 1981. 12 nominations e quattro premi Oscar vinti nella sua lunga carriera. L’opera di maggior successo è Ben Hur (1959) a cui vengono assegnate ben 11 statuette. Fu la madre Melanie a introdurlo nel mondo del cinema, presentandolo al cugino  Carl Laemmle, fondatore degli Universal Studios. Già prima della seconda guerra mondiale girò film di grande successo: Gli Eroi del deserto, La Strada sbarrata, La Voce della Tempesta. Durante la guerra con il grado di maggiore dell’aviazione americana è impegnato come regista sul fronte. Dei suoi documentari resterà memorabile “Il bombardamento di Battipaglia”,  che polverizzò la città  e fece numerose vittime. Nel 1946 si rivede sul grande schermo con “I migliori anni della nostra vita”. Seguono tanti altri successi tra cui “Vacanze Romane” che incassò nel mondo 12.000.000 di dollari e rese famosa Haudrey Hepburn. Si racconta che durante le riprese Wyler ascoltava con attenzione i commenti che arrivavano dal pubblico della strada che assisteva alle riprese: Buona questa! No, è da rifare! E lui faceva tesoro dei suggerimenti.

venerdì 3 giugno 2016

IL BANDITO, regia di Alberto Lattuada, 1946.


L'8 Giugno al Cineteatro Adriatico, ore 21.00, Il Bandito di Alberto Lattuada (1946).
Il Bandito è un film fondamentale che le giovani generazioni devono vedere, per conoscere l’Italia dell’immediato dopoguerra. Una nazione pervasa dalla distruzione totale, tangibile nelle città, nell’economia ma soprattutto nello spirito.  Non si potrà mai apprezzare l’Italia attuale se non si conosce il livello di bassezza in cui eravamo caduti a seguito della seconda guerra mondiale. In questo contesto si intreccia una storia cruda ma bella allo stesso tempo, interpretata in maniera eccezionale da Anna Magnani ed Amedeo Nazzari.Ma l’Italia e gli italiani seppero ripartire di slancio, forse consapevoli che dopo tanta devastazione peggio non  poteva essere. E così era la situazione a Vieste negli anni dell’immediato dopoguerra. Non avevamo avuto i bombardamenti delle città del nord ma eravamo distrutti dentro, demoralizzati fino al midollo. Questo film ha rappresentato per Vieste la rinascita di un paese che voleva riprendere la vita quotidiana di un tempo, laboriosa e spensierata. E una buona mano l’ha data il Cinema. I più anziani ricorderanno il CinemaArena di Ernestino Medina al Corso Lorenzo Fazzini. Proprio lì in uno spiazzo di “rena” battuta furono collocate le sedie e la macchina per proiettare il primo film dell’era repubblicana, il Bandito. Era il 10 giugno del 1947, la macchina da proiezione fu installata in un locale di Via Cesare Battisti in direzione dello schermo piazzato verso Corso Fazzini, dietro la macchina c’ero io alla prima esperienza di proiezionista.  [Alberto Valerio – 16 maggio 2016 – Vieste]


Alberto Lattuada è nato a Vaprio d’Adda il 14 novembre 1914  e deceduto a Orvieto il 3 luglio 2005. Ha vissuto la sua infanzia tra la campagna lombarda e Milano. Incominciò a frequentare il mondo del cinema già durante il periodo universitario. Il padre Felice, affermato compositore,  gli disse: “non sarai mai un grande regista se non termini gli studi di Architettura e non superi l’esame di Geometria” (ultimo esame che lo separava dalla laurea). E così superò Geometria, prese la laurea per accontentare  il padre e si buttò a capo fitto nel cinema. Non fece mai l’architetto.  Tra i suoi film si ricordano: Il Bandito, Senza Pietà, Il Mulino del Po, Luci del varietà, Anna , Il Cappotto, La Spiaggia, Venga a pendere il caffè da noi, Oh, Serafina. Nel 1970 fu regista lirico del Maggio Musicale Fiorentino. Per la TV diresse il Colossal di successo Cristoforo Colombo. Lanciò nel mondo dello spettacolo Catherine Spaak, Nastassja Kinski, Barbara De Rossi.

mercoledì 1 giugno 2016

La regola del gioco, Jean Renoir, 1939

1 Giugno 2016  
al Cine-teatro Adriatico
alle ore 21.30 

regia di Jean Renoir, 1939. 


“La règle du jeu”, ventiquattresimo film del grande maestro Jean Renoir (Paris 1894 – Beverly Hills 1979; Oscar alla carriera nel 1975) esce in sala a Parigi nel 1939.Film corale, è ambientato durante una battuta di caccia alla volpe in un castello nel cuore della Francia, cui sono invitati nobili ed esponenti dell’alta borghesia. Le loro ambigue storie personali s’intrecciano con quelle dei domestici presenti. Tutti i personaggi sono accomunati dalle stesse passioni e pulsioni, che finiscono per sfociare in un omicidio. Ma la “regola del gioco” sociale finisce per prevalere, imponendo la ricomposizione delle pulsioni e la rimozione dell’accaduto, da tutti ipocritamente qualificato come “incidente”.Il film “E’ una rara alleanza di satira, “vaudeville” e di tragedia” (Claude Beylie – “I capolavori del cinema”). Ispirato ai classici della commedia francese ed in particolare a Beaumarchais, in cui spesso i servi incarnano gli stessi vizi e difetti dei padroni, il film è perfetta metafora della società del tempo e di quella profonda instabilità che si tradurrà di lì a poco nella tragedia della guerra. Stilisticamente, “La règle du jeu” segna il compimento della ricerca renoiriana sulla continuità dello spazio e del tempo,  già in atto nei film precedenti.  È forse il film cui più esplicitamente si ispireranno Roberto Rossellini, il neo-realismo italiano ed i cineasti della “Nouvelle Vague” nell’evoluzione stilistica a loro propria. [Christine Nerbonne – 17 maggio 2016 – Parigi]



Jean Renoir è nato a Parigi nel quartiere di Montmartre  il 15 settembre 1894 ed è deceduto a Beverly Hills  il 12 febbraio 1979. Figlio del grande pittore impressionista Pierre-Auguste Renoir è stato regista, sceneggiatore e scrittore. La sua carriera cinematografica si svolge per oltre mezzo secolo con ben 38 film, passando dal cinema muto al cinema sonoro in bianco e nero, per terminare nel 1979 con “Le crime de l’Anglais”. Maestro del Realismo poetico francese si mise in luce con il film “La Cagna”. Il suo cinema doveva raccontare o meglio dipingere la società del suo tempo. Franco Lorusso dice di Jean Renoir: “Ogni fotogramma dei suoi film è un capolavoro; come se per ogni scena dipingesse un quadro”. Tutti i suoi film sono opere d’arte, ne ricordiamo solo alcuni: Boudu salvato dalle acque, Il delitto del Signor Lange,  Toni, Verso la vita, La grande illusione, L’angelo del male, La regola del gioco, da molti considerato il suo capolavoro. Tra i suoi più stretti collaboratori si ricordano:  Jaques Prevert, Henri CartierBresson,  Jacque Blin, Jean Gabin, Charlie Chaplin, Pualette Goddard, Anna Magnani,  Ingrid Bergman, Luchino Visconti.

ALBERTO